IL REPORT dell’Assemblea nazionale con i sindacati francesi SNES-FSU, UNSA Education e SNUipp-FSU, protagonisti del grande sciopero della scuola indetto per protestare contro la gestione della pandemia da parte del governo. Con loro i segretari generali Pino Turi (Uil Scuola Rua), Francesco Sinopoli (FLC Cgil), Elvira Serafini (Snals Confsal) e Rino Di Meglio (Gilda Unams).
«Per valutare la qualità dell’investimento in istruzione e formazione la Commissione Europea ha costituito un gruppo di esperti: in questo gruppo non c’è nessun pedagogista».
E’ questa una delle considerazioni emerse nel corso dell’incontro tra segretari generali dei sindacati scuola italiani e francesi.
Al centro del confronto, dopo le iniziative di protesta degli insegnanti e del personale della scuola Italia e in Francia – le azioni messe in atto per garantire i sistemi di istruzione pubblica in Europa dalle pressioni macro-economiche.
«Che i componenti del gruppo siano stati scelti tra professori e ricercatori universitari di discipline diverse, ma non della scuola, è un fatto che denota un metodo. E’ l’impatto economico che scrive la valutazione degli investimenti in istruzione – ha detto Rossella Benedetti, responsabile del Dipartimento esteri, Uil Scuola – questo gruppo ha già pubblicato un rapporto intermedio che è rimasto ad uso e consumo della Commissione.
«Le informazioni sulla pandemia sono venute dalla stampa – fa notare nel dibattito, Morgane Verviers, segretaria generale del sindacato francese UNSA. Le scuole sono state lasciate completamente sole nell’organizzazione quotidiana: a partire dall’accesso ai bagni per lavarsi le mani».
Una situazione simile a quella in Italia dove è al personale della scuola che è toccato definire spazi, gestire percorsi, misurare ‘rime buccali’, fare prevenzione e – fatto ancora più serio – gestire tracciamenti e contagi.
«È stata la scuola primaire a trainare lo sciopero – racconta Elisabeth Jacquet dello SNES.
A dare la volata allo sciopero sono stati gli insegnanti della scuola dell’infanzia, delle scuole elementari e medie portando ad uno sciopero che ha avuto un tasso di adesione tra i più alti degli ultimi anni in Francia».
Lo chiama «lo sciopero dell’esasperazione», derivato dal poco dialogo sociale.
Quanto all’esito delle azioni di protesta dice: «Abbiamo ottenuto tutte le misure senza costo, le meno care. Il nodo vero resta quello degli investimenti, delle risorse aggiuntive per la scuola. E poi la condizione del personale che va messo in regola. Un insegnante in Francia – spiega – guadagna meno di un giovane poliziotto, meno di un giovane infermiere. E’ una condizione non più sostenibile».
«Non c’è più personale medico, né amministrativo – denuncia Alexandra Bojanic dello SNUipp-FSU – la disorganizzazione causata dalla pandemia ha portato persino all’utilizzazione di figure professionali di sostegno per coprire le supplenze. Il clima è esacerbato, tutto spostato, caricato sulle spalle degli insegnanti».
«Questi incontri offrono prospettive utili per favorire una maggiore unità dei lavoratori anche a livello europeo. Unità che andrebbe incoraggiata – sostiene Pino Turi, Segretario generale Uil Scuola – in un panorama di situazioni comuni che riguarda gli investimenti in istruzione, livello delle retribuzioni, riconoscimento delle professionalità, stabilità del lavoro».
«La pandemia ha reso più evidenti questi problemi – spiega Turi – rendendo la situazione più critica. Tutti vogliono il cambiamento, la transizione (ecologica, digitale, tecnologica) ma se non si passa dalla cultura, dall’educazione come base stabile, non si potranno raggiungere questi obiettivi».
«Il punto di caduta degli interventi di questi anni è il fatto di considerare la scuola come una azienda, pensare di governarla secondo le leggi di mercato, secondo i principi del neo liberismo.
Un sistema fallimentare per l’istruzione pubblica che è funzione dello Stato, non servizio a domanda».
Togliere le spese per l’istruzione dal Patto di Stabilità: questa la proposta Uil Scuola in merito alle risorse.
«Serve un investimento aggiuntivo – rilancia Turi – per il contratto, per il riconoscimento del lavoro che si fa a scuola, per il superamento del precariato».
La scuola è bene fondamentale del Paese: se c’è una scuola libera, c’è un insegnamento libero.
C’è bisogno di un nuovo umanesimo – esorta Turi – il sistema nazionale di istruzione non è strumento per la produzione ma mezzo per la civiltà- Dobbiamo uscire dalla logica dei saldi finanziari».
Il peso della deriva liberista e delle logiche di mercato anche nelle politiche per l’istruzione è tema che accomuna i paesi europei. A più riprese, infatti, è stata ribadita l’esigenza di mettere in sicurezza i sistemi pubblici dell’istruzione.
«Tutti vorrebbero fare investimenti con le risorse pubbliche. Si chiama lo Stato per sostenere i privati.
Poi, per tutta risposta, si tende e mettere in cattiva luce gli insegnanti e la scuola pubblica.
I genitori si stanno accorgendo di questo meccanismo al ribasso e stanno diventando alleati dei loro figli insieme agli insegnanti, costantemente in prima fila per tutelare i loro studenti.
Il tentativo in atto è quello di dividere il mondo della scuola, in segmenti opposti, muti. Senza dialogo e senza soluzioni condivise. Noi vogliamo unire – aggiunge Turi – essere punto di riferimento per la comunità educante che abbiamo voluto delineare anche nel contratto.